I frutti del Peccato!!!!!!

I frutti del Peccato!!!!!!

lunedì 19 febbraio 2007

E' arrivata la frutta!!!!

DONNE è arrivata la frutta archeologica!!!

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In collaborazione con la Soprintendenza archeologica di Pompei!!!

Il termine archeologia era già utilizzato dagli storici antichi, nel suo senso letterale di "discorso sul passato". Lo storico greco Tucidide utilizza in qualche caso le testimonianze materiali come prova per una ricostruzione del passato (i Cari avrebbero abitato in passato le isole dell'Egeo in quanto a Delo erano state rinvenute dagli ateniesi molte tombe antiche con oggetti e tipo di sepoltura simili a quelli utilizzati ancora ai suoi tempi da quella popolazione).
A partire dall'Umanesimo e dal suo interesse per il passato classico, si sviluppò un collezionismo di antichità greco-romane, dalle opere d'arte agli oggetti di uso comune. Questi resti non erano tuttavia utilizzati ai fini di una ricostruzione storica, che si basava quasi esclusivamente sulle fonti scritte, ma erano visti come semplici raccolte di "curiosità".
Johann Joachim Winckelmann, considerato l'iniziatore degli studi archeologici, pubblicò nel 1764 la sua Storia delle arti del disegno presso gli antichi, nella quale, in contrapposizione con gli eruditi studi della precedente disciplina antiquaria, le opere d'arte greco-romane vennero inserite nel loro contesto storico. L'archeologia era ancora intesa principalmente come studio dell'arte greco-romana, fortemente influenzata dalle concezioni estetiche neoclassiche.
Alois Riegl, appartenente alla "scuola viennese", pubblicò nel 1901 lo studio sull'Industria artistica tardoromana, nel quale si asseriva la necessità di giudicare l'opera d'arte in rapporto alle concezioni dell'epoca in cui è stata realizzata e non in rapporto ad un astratto modello ideale. Questa storicizzazione permise una rivalutazione dell'arte romana rispetto a quella greca e pose le basi per l'allargamento degli studi alle civiltà artistiche estranee al mondo classico.
Dopo le scoperte di Pompei e di Ercolano nel XVIII secolo, dei primi ritrovamenti si erano già avuti a partire dal XIX secolo, con Giovanni Battista Belzoni e Karl Richard Lepsius in Egitto dove la scrittura geroglifica era stata decifrata da Jean-François Champollion, con Paul-Emile Botta, Austen Henry Layard e Robert Koldeway in Mesopotamia, con la decifrazione della scrittura cuneiforme ad opera di Georg Friedrich Grotefend, fino alla celeberrima riscoperta di Troia da parte di Heinrich Schliemann nel 1873 e agli scavi di Cnosso di sir Arthur Evans nel 1900. Si trattava in buona parte ancora di "sterri" allo scopo di "scoprire" oggetti d'arte da esporre nei musei, più che della raccolta e indagine di testimonianze storiche.
In questo periodo si sviluppò anche l'archeologia cristiana, legata alla scoperta delle Catacombe di Roma e interessata prevalentemente ai fenomeni storico-artistici.
Contemporaneamente i rinvenimenti di utensili in pietra associati ad ossa di animali estinti inaugurarono gli studi sulla preistoria: Christian Thomsen elaborò per l'ordinamento dei materiali del museo nazionale danese, fondato nel 1807, la periodizzazione delle età della pietra, del bronzo e del ferro.
Gli studi sulle culture preistoriche e protostoriche, che non potevano avvalersi di fonti scritte, ma solo dei dati materiali ("cultura materiale"), rivalutarono l'importanza degli oggetti come testimonianze del passato, indipendentemente dalla loro eventuale qualità artistica. L'archeologia assume dunque, e in particolare nei paesi anglosassoni, un aspetto sempre più storico-antropologico, al posto dell'iniziale orientamento storico-artistico. In Italia, a partire dalla seconda metà del XIX secolo il paletnologo Luigi Pigorini recupera sistematicamente tutti gli oggetti e cura l'esecuzione dello scavo e l'analisi dei dati che questo fornisce. La documentazione del ritrovamento di ciascun oggetto diviene sistematica anche nella prosecuzione degli scavi di Pompei, ad opera di Giuseppe Fiorelli e Amedeo Maiuri.
Ci si cominciò infine ad interessare prima alle architetture e quindi ai siti e ai materiali di epoca medioevale, con veri e propri scavi archeologici soprattutto in Gran Bretagna e nei paesi scandinavi, in collegamento con lo sviluppo di un interesse per le origini nazionali, dando origine all'archeologia medioevale. In quest'ambito il generale inglese Pitt-Rivers si dedicò tra il 1881 e il 1896 alla ricerca di villaggi e necropoli, registrando in modo estremamente accurato tutti i dati dei ritrovamenti.
A Roma i primi scavi stratigrafici del Foro Romano furono condotti negli anni tra il 1898 e il 1925 da Giacomo Boni, mentre Rodolfo Lanciani documentava la grande quantità di ritrovamenti casuali e di scavi "di recupero" che avvenivano parallelamente alle costruzioni per la Roma Capitale. Successivamente le esigenze propagandistiche del regime fascista condussero ad una ripresa di grandi sterri poco documentati, mentre sulla via dell'indagine stratigrafica proseguivano Nino Lamboglia in Liguria e studiosi di paletnologia e preistoria.
La necessità di una corretta raccolta dei dati portò nel XX secolo alla codificazione del metodo stratigrafico. Il sistema dello "scavo per quadrati", fu elaborato dall'archeologo inglese sir Mortimer Wheeler tra gli anni 1920 e 1950 mentre quello "per grandi aree" fu descritto da Edward Harris alla fine degli anni 1970.
Lo scavo delle zone cittadine bombardate e distrutte durante la Seconda guerra mondiale in occasione delle ricostruzioni permise di elaborare inoltre gli specifici metodi di indagine dell'archeologia urbana, legata spesso a scavi di emergenza e costretta ad operare quindi con tempi limitati in contesti stratigrafici estremamente complessi.
I metodi archeologici sono indipendenti dall'epoca dei resti studiati e sono infatti stati applicati anche all'epoca successiva alla rivoluzione industriale (archeologia industriale) e persino come metodo di indagine sulle società contemporanee (per esempio con l'analisi dei rifiuti urbani).
Negli anni 1960 si sviluppò, in particolare negli Stati Uniti la cosiddetta archeologia processuale o "nuova archeologia" ("processual archaeology" o "new archaeology", sviluppatasi soprattutto in ambito preistorico e protostorico) che ambiva a collocare l'archeologia tra le scienze esatte attraverso l'elaborazione di un metodo completamente nuovo, che partisse da ipotesi teoretiche sui grandi processi culturali, da verificare quindi attraverso metodi scientifici (lo scavo). Si tendeva a ricollegare l'archeologia all'antropologia, come studio dei fenomeni culturali, staccandola invece dalla storia e dalla ricostruzione storica delle diverse culture umane. Si criticava in modo particolare la tendenza degli archeologi "tradizionali" a limitarsi alla pura e semplice raccolta di manufatti e il loro mero inserimento in serie cronologiche e la mancanza di una riflessione metodologica e sugli scopi della disciplina. Il ruolo centrale era riconosciuto ai "processi culturali" che costituivano comportamenti umani fondamentali. Nell'attività archeologica queste premesse teoriche si traducevano in una nuova attenzione rivolta ai modelli di insediamento e di rapporto con l'ambiente.
La successiva archeologia post-processuale, sviluppatasi in Gran Bretagna criticava in particolare la possibilità di un'osservazione oggettiva e asettica dei fenomeni culturali e quindi la pretesa di raggiungere una scientificità astratta poco coerente con le specificità della ricerca archeologica.
Nell'archeologia italiana e mediterranea la nuova archeologia ha avuto scarso seguito, anche a causa della mancanza di una prospettiva storica e del meccanicismo dei processi culturali, intesi come inevitabili adattamenti delle culture alle trasformazioni ambientali.

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Frutta Archeologica


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